LA PSILOFAGIA: UNA PRATICA D’INGESTIONE DI FUNGHI ALLUCINOGENI NEL NORD-EST DELLA FRANCIA di Alexandre Vinot Introduzione La consumazione di funghi allucinogeni del genere Psilocybe che crescono in natura nei prati francesi è una pratica assai recente in questo paese. Nella misura in cui una sola specie, Psilocybe Semilanceata, è ordinariamente l’oggetto di una raccolta e che questo fungo è abitualmente chiamato psilo dai consumatori, abbiamo nominato questa pratica psilofagia. Si tratta per noi di distinguere questa consumazione da abitudini più recenti di ingestione di funghi allucinogeni più potenti provenienti dall’estero (Paesi Bassi, Germania e Svizzera). Pur avendo raggiunto i centri urbani, la pratica originale proviene dalle zone rurali nei dintorni dei siti di crescita dei funghi. Non sembra che gli effetti tossici di questi ultimi siano stati l’oggetto di un’attenzione particolare nel passato. Ma si tratta solo di una prima constatazione che necessiterebbe un’inchiesta sul terreno molto più approfondita. Riguardo al fenomeno nella sua forma attuale, non sembra che sia stato oggetto di ricerche, a parte quelle di carattere Micofarmacologico. (1) Le organizzazioni francesi o europee di lotta contro la droga e la tossicomania in Francia non hanno a tutt’oggi avviato alcuna inchiesta e non sembrano del resto prevederlo. Non è il caso di altri paesi europei come i Paesi Bassi, il Belgio, l’Italia e la Gran Bretagna, per quanto ne sappiamo, che si sono interessati da vicino a questo fenomeno e alla sua evoluzione. La Francia adotta dunque un’attitudine particolare che sarà interessante analizzare. Per ora, è secondo un approccio Etnomicologico che cercheremo di rimediare alla mancanza di conoscenza su questo fenomeno, proponendo una descrizione della consumazione di Psilocybe semilanceata come ha luogo ai nostro giorni nella regione degli Alti Vosgi del nordest della Francia. Risaliamo sino all’origine della consumazione di funghi allucinogeni, in maniera generale, con lo scopo di conoscere da quando sono consumate le Psilocybe europee. Cercheremo in seguito di determinare quali specie di Psilocybe europee sono l’oggetto di un tale appetito e scoprire quali funghi si nascondono sotto le denominazione correntemente impiegata di psilo. A partire da ciò ci avvicineremo alla parte descrittiva di ciò che concepiamo come il processo completo dell’esperienza Psilofagica, che comincia dal momento della raccolta e termina una volta che il consumatore ha totalmente riacquistato il suo stato fisico e psichico abituale. È attraverso i resoconti dei medesimi consumatori che sviluppiamo la nostra inchiesta, con lo scopo di apportare qualche elemento di risposta alla questione della forma e del significato di questa pratica. Dato che appare in un contesto culturale in cui era originalmente assente, come si costituisce la psilofagia? Da un punto di vista legale i funghi allucinogeni sono considerati come delle droghe e la pratica della loro ingestione è descritta come una tossicomania. Che cos’è realmente? La psilofagia è la sede di una nuova ritualità? Che significato hanno la sua apparizione e il suo sviluppo nelle nostre società europee? Origine del fenomeno La consumazione dei funghi allucinogeni a scopi rituali è una pratica che è stata descritta per la prima volta nella metà del XVI secolo dai conquistatori spagnoli del Messico (Heim 1978; Schultes e Hofmann 1993). Con le nuove scoperte, fra cui le pietre-fungo, i ricercatori hanno potuto fare risalire la sua origine ben prima dell’arrivo degli Spagnoli, fino a forse 2000 anni A.C. ed estendere l’area geografica dove si praticava a tutta l’America centrale. In seguito, non è che a partire dal 1953 che il culto attuale ha potuto essere descritto da R.G. Wasson nella provincia di Oaxaca nel paese Mazateco (Messico) e che l’analisi delle specie inviate a Roger Heim ha permesso di determinare che si trattava di funghi dei generi Psilocybe e Stropharia. L’etnomicologia dimostra che tradizionalmente queste pratiche sono lontane dall’essere eccezionali e si ritrovano in numerose regioni del mondo. Al contrario, “non è mai stato dimostrato in maniera convincente che la psilocibina, che è nota essere presente presso certe specie di minuscoli funghi europei del genere Psilocybe, abbia fatto parte dello sciamanesimo e dell’etnomedicina europea” (Mc.Kenna 1998: 242) e fino ad oggigiorno le ricerche che abbiamo sviluppato nella regione degli Alti Vosgi non ci permettono ancora di discutere questa affermazione. Comunque sia, prima della pubblicazione di R. G. Wasson in un articolo della rivista Life negli Stati Uniti nel 1957, nella quale egli riportava la sua esperienza con i funghi allucinogeni, la psilofagia, nella sua forma attuale, non doveva essere nota in Europa. L’apparizione di questo articolo in un contesto socio-storico molto sensibile alla questione delle droghe allucinogene (lee e schlain 1985) ebbe l’effetto di una bomba e il consumo di funghi allucinogeni conobbe il suo primo sviluppo. Non sappiamo da quando funghi allucinogeni del genere Psilocybe che si trovano in Europa siano stati usati con lo scopo di provocare uno stato di ebbrezza particolare. Nel 1976 appaiono i primi articoli dei giornali in Gran Bretagna che segnalano la presenza di una tale pratica nel vecchio continente. In Francia il primo intervento della polizia riguardava un gruppo di adolescenti arrestati presso Pontarlier nel 1978 (verguet 1983: 14-15), che si sarebbero vantati di non essere ebbri per l’alcol bensì per dei funghi. Nella regione degli Alti Vosgi, in base alle testimonianze che abbiamo raccolto, questo fenomeno non daterebbe che agli inizi degli anni’80. È dunque posteriore a quello presente nei Giura. Tuttavia, poiché non siamo in grado di descrivere la situazione nelle altre regioni coinvolte da questo fenomeno, come è il caso negli Haut-Doubs, nell’Alta Loira e in Bretagna, è ancora troppo presto per cercare di comprendere come si è diffusa la psilofagia su tutto il territorio. Anche se gli interventi della polizia e gli articoli dei giornali sono indici importanti riguardo alla presenza effettiva o meno di questa pratica nella società, ciò non rende conto del fenomeno sino a che non appare nella scena politica. (2) È il caso di tener conto che, ben prima di essere ripresa da un discorso che la popolarizza sino a banalizzarla, la psilofagia era praticata da diversi anni. Ma quali conoscenze sui funghi allucinogeni, il loro modo di preparazione e gli effetti che procurano sono trasmesse a livello dei consumatori? Le psilo Il fungo designato abitualmente sotto il termine di psilo è Psilocybe Semilanceata (Fr.) Kumm. I consumatori pensano di raccogliere il più delle volte questa Psilocybe dal “berretto da folletto”, mentre, come abbiamo potuto constatare dalla determinazione dei campioni raccolti presso i nostri psilofagi, si potrebbe trattare di altre specie. In effetti, fra le specie ingerite dai consumatori si trovava Ps. fimetaria (P. D. Orton) Wail. (Minaire 1997: 37). In base alle testimonianze, ne deduciamo che questa specie possiede delle proprietà Psicodislettiche. Le altre specie descritte dai differenti ricercatori comprendono sicuramente, in maniera unanime, Psilocybe Semilanceata, ma anche Ps. strictipes Sing. & Smith di cui non abbiamo confermato la sua presenza negli Alti Vosgi, e Ps. Callosa, (3) che non ne sarebbe che un’altra denominazione. Esistono altre specie di Psilocybe ma anche un gran numero di altre specie di funghi dalle proprietà psicotrope. Le ricerche in questo campo sono davvero ai loro inizi, poiché per esempio non conosciamo ancora i rapporti quantitativi dei differenti principi attivi contenuti in ciascuna specie di Psilocybe; quando questi ultimi sono noti, ancora ci manca la conoscenza di come agiscono sugli esseri viventi. Così anche dal punto di vista antropologico. Non sappiamo se ciascuna specie produce degli effetti distinti (4) e se la loro consumazione darebbe luogo a delle “pratiche” differenti, come avviene nell’America Centrale, dove delle cerimonie particolari sono associate a dei funghi allucinogeni specifici (Heim 1978: 182-4; Schultes e Hofmann 1993: 144-53). Comunque sia, attorno all’ingestione di queste Psilocybe particolari si è costituita una pratica originale e vediamo ora la forma che assume nella nostra società. Le pratiche di consumazione Non entreremo nei dettagli dei diversi modi di preparazione e di ingestione delle psilos presentate nella tabella, ma precisiamo che dipendono e variano fortemente in funzione del tipo di popolazione dei consumatori. Le pratiche di consumo dei giovani sperimentatori delle Montagne Vosgine sono differenti dalle ricette inventate dai consumatori degli ambienti urbani. Eppure, il consumo dei funghi allucinogeni mira a un solo e medesimo scopo, allucinatorio, percepire gli effetti provocati dai principi attivi che essi contengono, cioè la psilocibina e la psilocina. In maniera generale, la loro preparazione non mira altro che a soddisfare delle esigenze d’ordine di rapidità d’apparizione degli effetti, di loro potenza e di loro durata. Non ha nulla di gastronomico. Il modo di preparazione è quindi rivolto al solo scopo di facilitare l’ingestione di funghi in funzione dei criteri definiti dal gusto di ciascuno ma soprattutto dal problema del dosaggio. Così, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, “mangiare” delle psilos comporta, da un estremo all’altro, inghiottirle crude o berne un infuso. La questione del dosaggio è fondamentale in materia di droghe ma ancor più nel caso dei funghi allucinogeni poiché, oltre a non essere conosciuti precisamente, (5) il loro tenore in principi attivi varia da una specie all’altra, da un luogo di crescita a un altro e da un’annata all’altra su un medesimo luogo, ma è anche funzione del modo di preparazione ed di ingestione con cui è assorbita la psilocibina così come, certamente, della quantità di fungo consumata. Il numero di funghi ingeriti dipende sia dallo stato in cui si desidera ritrovarsi sia da ciò che si è deciso di fare dopo l’apparizione degli effetti. Ma vediamo innanzitutto quali sono gli effetti prodotti dalle Psilocybe. Tavola delle differenti preparazioni e assunzioni di psilo: – senza preparazione (più spesso inghiottiti che masticati) – senza accompagnamento: – freschi e crudi, durante la raccolta – freschi o secchi, in piccolo numero durante gli effetti – con accompagnamento: – inghiottiti con l’aiuto di un liquido (acqua o alcol), arrotolati in palline – mangiati con un cibo (zucchero o yogurt ad esempio) – con preparazione (frantumati o interi) – solida: – in accompagnamento: aggiunto a qualunque piatto – cucinati: omelette, cake, lasagne…. – liquida: – non cucinati: macerati nell’alcol, misti con miele – cucinati: infuso, decotto, zuppa – gassosa: – fumati da soli o con altre sostanze (tabacco, cannabis…) – inalazione* *Caso unico di un’inalazione di vapori ottenuta da un macerato alcolico riscaldato di funghi, registrato dal Centre d’Evaluation et d’Information de Pharmacodépendence de Caen presso una popolazione di tossicomani. L’esperienza Psilocibinica Che si ricavi da attenti calcoli o da una sperimentazione personale, la dose minima a partire dalla quale è possibile percepire gli effetti delle psilo è di circa 5 funghi. Fino a una decina di campioni gli effetti sono soprattutto dell’ordine di un rilassamento muscolare e provocano uno stato che abbiamo qualificato introspettivo. Per comprendere di cosa si tratta, è necessario fare distinzione fra le “allucinazioni” propriamente dette e le “proiezioni” sotto-giacenti, nel senso psicoanalitico del termine, alle quali il soggetto diventa più sensibile a dosaggi deboli o quando i disordini percettivi dovuti ai primi sfumano. Le proiezioni sono il risultato di un processo primordiale dell’apparato psichico attraverso il quale percepiamo il mondo come una “allucinazione” della nostra coscienza. È sensibilizzando il soggetto a questo fenomeno che il consumo di psilos lo immerge in uno stato introspettivo cioè di attenzione a ciò che si produce in se medesimo. Il ciclo completo degli effetti psilocibinici può essere descritto sotto forma di differenti fasi durante le quali il soggetto passa da uno stato di grande eccitazione che possiamo assimilare a una trance, a uno stato simile a una estasi. L’apparizione degli effetti, comunemente chiamata salita, è molto brusca e provoca una destabilizzazione generale della percezione della realtà. Essa assume la forma di una grande agitazione o di una caduta completa del tono muscolare. Quando l’esperienza si sviluppa bene dal periodo in cui gli effetti sono piuttosto stabili sino a quando iniziano ad affievolirsi, gli psilofagi si trovano in uno stato di grande euforia durante il quale appaiono le allucinazioni, che crescono d’importanza mano a mano che l’eccitazione diminuisce. Certamente, per contraccolpo di una simile stimolazione psicofisiologica, il momento chiamato discesa è uno stato caratterizzato da un ripiegarsi su se stesso, uno stato meditativo nel quale il soggetto diviene più cosciente delle proiezioni che erano all’origine dell’affettività sulla quale viveva le sue allucinazioni. Si tratta veramente di uno stato di introspezione caratterizzato in generale da una grande serenità interiore, pur potendo dar luogo a delle angosce. In effetti, le Psilocybe amplificano non solamente la percezione ma esasperano la sensibilità del soggetto. Questo fenomeno è all’origine dell’estrema instabilità d’umore nella quale si sviluppa l’esperienza intera. Il consumatore può passare con una sorprendente rapidità da una grande ilarità a uno stato depressivo. Tuttavia, simili variazioni restano superficiali tanto che il soggetto ha coscienza della causa del suo stato. I cattivi viaggi originano il più delle volte da una eccessiva implicazione nei deliri provocati dalla sostanza ingerita. La dose media necessaria per entrare in questo stato modificato di coscienza varia da una ventina a una quarantina di funghi ingeriti, perché per una medesima quantità di funghi in infuso gli effetti sono più “potenti” nella misura in cui appaiono più rapidamente e soprattutto improvvisamente. Superando la cinquantina di funghi problemi di digestione provocanti vomiti e diarree si aggiungono alla tossicità degli effetti che diventano sempre più nocivi. (6) Anche se la psilocibina sembra presentare bassi rischi di dipendenza e di letalità paragonata ad altre droghe, essendo molto grande il margine di sicurezza fra la dose attiva e la dose letale, l’ingestione dei funghi psilocibinici è più impegnativa. Sono necessari non solo diversi giorni per ritrovare il proprio umore abituale in seguito a un’esperienza allucinatoria di questo tipo, ma a volte anche per riprendersi da un consumo di funghi troppo frequente. Infine, a detta d’alcuni, è a volte necessario molto più tempo per assimilare da un punto di vista psicologico tutto quanto è passato attraverso l’esperienza. Per questi motivi, non è possibile consumare troppo spesso le Psilocybe. Inoltre, i consumatori ci hanno fatto notare che quando ne assumono diversi giorni di seguito, pur anche aumentando la dose, la potenza degli effetti diminuisce. In compenso, ed è questa una delle particolarità degli allucinogeni, non è necessario aumentare la dose da un’assunzione a quella successiva, quando queste siano sufficientemente distanti fra loro, per percepire un effetto simile o superiore in potenza e in qualità. È ciò che è chiamato “tolleranza inversa”. Così, similmente a tutte le sostanze utilizzate come droga, l’ingestione delle psilo necessita di un apprendistato individuale dei loro effetti. La psilofagia si inscrive soprattutto nel contesto di un nuovo rapporto con le droghe chiamata “poli-tossicosi”, consistente non più in una dipendenza a un prodotto unico (la figura dell’eroinomane e del cocainomane ne sono esempi), ma nel consumo di diversi tipi di sostanze, fenomeno moderno caratterizzato da un ritorno in forza degli allucinogeni (RosenZweig 1998; Xiberras 1989). L’ingestione di funghi allucinogeni è a volte accompagnata da alcol, un fatto che permette la salita con una certa euforia, poi assecondata alla fine dell’esperienza da un consumo di cannabis assicurante una discesa più “dolce”. Non ci soffermeremo sulle differenti misture possibili e i rapporti fra le diverse sostanze ingerite, ma precisiamo la ricorrenza del trio alcol/funghi/cannabis. Si potrebbe anche osservare questa pratica nel contesto occidentale moderno dal punto di vista della storia delle droghe, con lo scopo di descrivere quale genere di droga rappresentano per i consumatori i funghi allucinogeni. Ma per il momento vediamo quale pratica di ebbrezza del tutto peculiare è la psilofagia. Rappresentazione dell’esperienza Quando la dose ingerita è molto forte, la potenza degli effetti porta a una vera perturbazione della percezione e “il soggetto ha l’impressione che il funzionamento abituale della sua coscienza si sgretola e ch’egli vive un altro rapporto con il mondo, con se stesso, con il suo corpo, con la sua identità” (Lapassade 1987: 5). Non enumeriamo gli effetti prodotti dal punto di vista tossicologico, poiché non rendono conto del modo in cui i consumatori li percepiscono. In effetti, come afferma Aldous Huxley a proposito dell’esperienza con l’lsd condotta in laboratorio: “Questi imbecilli (gli scientifici) si considerano dei Pavloniani. – egli dice – Ma Pavlov non ha mai visto un animale nel suo ambiente naturale, solamente in gabbia. I nostri amici fanno esattamente la stessa cosa. Non meraviglia che trovino degli psicotici” (Lee e Schlain 1985: 78). Un consumatore più esperto in funghi come T. McKenna ci dice che “l’atmosfera della psilocibina è differente da quella dell’lsd. Le allucinazioni arrivano più facilmente, come tutta la percezione del fatto che non si tratta solamente di una lente facilitante l’esame della propria psiche, piuttosto di uno strumento di comunicazione che permette di contattare il mondo dell’alto sciamanismo dell’arcaica antichità” (McKenna 1998: 261). Una dimensione “mistica” appare anche nei discorsi di alcuni consumatori. La particolarità delle Psilocybe in quanto sostanze allucinogene proviene certamente dal fatto che sono considerate naturali, inoltre gratuite, in opposizione alle droghe sintetiche, cioè come un dono della natura. Ne risulta che nella rappresentazione che ne hanno i consumatori sussiste una dimensione magica. (7) Mangiare delle psilo significa in qualche modo rapportarsi con la natura, entrare in una relazione intima poiché interna e dunque intuitiva con il mondo, con le proprie origini. Da un punto di vista individuale significa raggiungere la radice della propria persona, ma non in maniera razionale come per le prospettive della psicoanalisi bensì su un mondo mistico, arcaico, attraverso la trance e l’estasi. Anche se si tratta qui di una delle due concezioni generali degli effetti dei funghi, poiché molti li considerano come una droga fra le altre e in questo modo li utilizzano per “sballare”, questa rappresentazione di droga “naturale” persiste nondimeno presso l’insieme dei consumatori. L’importanza di una simile esperienza è rinforzata dall’intensità con cui viene vissuta. Si tratta veramente di un’esperienza, di un “momento di vita” che non può accadere tutti i giorni ma che permette di fatto al soggetto di prendere coscienza di ciò che gli era rimasto celato. Vediamo dunque ora in quali modi si sviluppa questa esperienza e ciò che fanno gli psilofagi quando sono “sul campo”. L’esperienza psilofagica La psilofagia si pratica abitualmente in gruppo, fra amici e dà luogo a una Soirée Champis. Tuttavia, alcuni ne ingeriscono solo piccole quantità, circa una decina, con lo scopo di ritrovarsi in uno stato di coscienza del tutto particolare senza veri effetti “fisici”, se non un leggero benessere e ciò con uno scopo di rilassamento, meditativo. La frequentazione di luoghi pubblici o l’incontro di altre persone non sembra d’altronde porre alcun problema contrariamente a ciò che accade quando la dose è più importante, nella misura in cui gli effetti dei funghi sono allora descritti come “che fanno parlare” (Munn 1997). Differentemente, il fatto di essere in gruppo crea un’atmosfera propizia a una stimolazione reciproca ma è anche una garanzia di sicurezza per colui che si sente sopraffatto da ciò che gli arriva. È interessante constatare che la maggioranza dei consumatori sente il bisogno imperativo di essere almeno in due “Sotto Champis” con lo scopo, secondo noi, di avere un punto di riferimento al loro stato, essendo il confronto con delle persone in uno stato “normale” estremamente perturbante. Sembra esservi una simpatia naturale fra Champignonisés (“infungati”) (8) anche quando la comunicazione fra loro parrebbe impossibile. Nei momenti più forti dell’esperienza nessuno può comprendere ciò che percepite e non potete esprimerla. È come se vi trovaste isolato nel mezzo dei vostri amici. (9) Tutto il mondo sembra staccarsi e partire da un lato, nessuno sa più ciò che arriva agli altri. Eppure, se la comunicazione verbale e razionale del vissuto non è possibile, ciò non significa che non ci sia della “comunicazione”. Il fatto di essere insieme, di spartire un prodotto ma anche di vivere insieme l’esperienza di questo prodotto, è carico di significato. Anche se “la parola che circola può sembrare delirante o incoerente, essa segue il filo di una storia collettiva che si annoda e si snoda con il più grande piacere dei complici” (Xiberra 1989: 158). Si tratta in qualche modo di una comunicazione sensitiva mediante la quale si trasmette più di quanto le parole possono descrivere. Condividere un’esperienza psilocibinica non è solo acquisire con la pratica ciò che è necessario conoscere per essere autonomo; è acquisire attraverso il concetto e il significato particolare di colui che vi avrà iniziato. Uno dei partecipanti ha in generale più esperienza degli altri. Egli ricopre il ruolo più o meno implicito dell’iniziatore presso coloro che non hanno mai consumato le psilo. Tuttavia, propriamente parlando non si tratta di un’iniziazione ma di un accompagnamento e di raccomandazioni che assumono la forma di una recita delle esperienza personali precedenti perché, una volta che la sostanza è stata ingerita, nessuno può predire ciò che accadrà sia a livello individuale sia di gruppo. Anche se in caso di veri problemi abbiamo notato che coloro che hanno maggior esperienza non saprebbero come reagire, non dimentichiamo che il consumo delle psilo si inscrive in un contesto festivo del tutto abituale. È concepito come un momento in cui ci si può sfogare fra amici dopo una settimana di lavoro. All’origine si tratta quindi di divertirsi e di fare un’esperienza nuova. Eppure, in se medesimo, questo momento dell’esperienza allucinogena rappresenta un momento straordinario, un’esperienza al di fuori del quotidiano che attraverso le allucinazioni dà accesso a un’altra dimensione della realtà. Da questo punto di vista, si riallaccia a una concezione della festa che non si verifica più nella nostra società, re-introducendovi la dimensione del disordine, del rischio e dell’eccesso tale come si manifesta in certi raduni attuali, come il caso dei rave-party. La psilofagia partecipa quindi alla modernità e vediamo ora quale significato il suo sviluppo nella nostra società occidentale ci permette di attribuirgli. Significato della pratica L’esperienza psilocibinica o allucinatoria è a volte descritta come un mezzo d’espulsione di tutte le tensioni accumulate nella vita quotidiana. Tuttavia, questo ruolo di messa a punto catartica può nel peggiore dei casi assumere l’aspetto di un sovraccarico sensitivo ed emotivo. La fase d’introspezione è veramente vissuta come un momento di “pausa” durante il quale ci si riallaccia a una parte di se stessi, una parte che il mondo occidentale razionalista porta quasi naturalmente a mettere da parte ma senza la quale l’individuo intero non è che la metà di se stesso. L’ingestione delle psilo permette di vivere altrimenti il momento presente, ma di viverlo veramente al presente cioè lasciando da parte il quotidiano al quale si riduce troppo spesso l’intera realtà. Essa permette quindi di (ri)scoprire una dimensione della realtà paragonabile a quella del mito, una dimensione “sacra” in seno alla quale i riferimenti spazio-temporali abituali non esistono più. Questa rappresentazione dell’esperienza ci porta alla funzione primaria del rito, consistente nel tornare ai tempi originali della creazione per purificarsi e così ricaricarsi di risorse prima di riprendere la vita quotidiana per un nuovo ciclo. In altre parole, la pratica della psilofagia si iscrive in una modernità dove gli individui, al di là del loro apparente edonismo, sono alla ricerca costante di riferimenti simbolici strutturanti ai quali aggrapparsi. Lanciare i dadi dell’esperienza psilocibinica è in un qualche modo un mezzo per ottenere delle risposte immediate e senza appello. Contrariamente ad altre droghe, la psilofagia ci presenta numerosi aspetti in costante modifica. Mentre una tossicomania irrigidisce l’individuo in una pratica ripetuta sino all’oblio di se, un’esperienza psilocibinica è ogni volta un momento unico che segna il passaggio attraverso il quale ciascuno mette alla prova la sua personalità. (10) La differenza è dovuta al fatto che la droga, in questo preciso caso, non è la finalità di tutte le azioni, come nella figura dell’eroinomane, bensì il punto di partenza, il dispositivo di sblocco di una nuova maniera di concepire il mondo. La psilofagia è principalmente una pratica di sperimentazione legata all’epoca dell’adolescenza, che persiste presso degli individui entrati in una logica di tossicomania, ma che non conduce a una logica simile. Anche se esiste una forma particolare di consumo presso certi adulti, non segue i medesimi motori, né ha i medesimi motivi né i medesimi scopi perché li si possa descrivere come delle tossicomanie. Il rischio di una simile pratica non è egocida, bensì l’opposto. Se si descrive l’attitudine del tossicomane come una battaglia con la morte con lo scopo di dare significato e valore alla vita (Le Breton 2000: 108), l’esperienza allucinogena si avvicina piuttosto alla volontà di provare la vita in una maniera intuitiva, dall’interno, attraverso e al di là delle divisioni che strutturano la realtà. Essa non è che una tappa nella ricerca del senso della vita grazie alla quale ogni individuo perviene sia bene che male a costruire la propria identità. Una tappa di autoreferenziamento che si fa carico di un ruolo culturale che la società non riempie più oggigiorno, rigettando fuori dalla normalità i comportamenti, le credenze e gli individui ai quali non riesce a dare una definizione. Conclusione Il consumo di funghi allucinogeni nel nord-est della Francia non si limita all’ingestione delle sole psilo che crescono nella regione. L’apertura del primo smart-shop nei Paesi Bassi nel 1993 (Riper e De Kort 1999) e le politiche particolari adottate dalla Germania e dalla Svizzera alla fine di questo decennio, hanno permesso ai consumatori di rifornirsi dall’estero di nuove e più potenti specie di magic Mushrooms. Ne è risultata una trasformazione del fenomeno originale e un’evoluzione delle rappresentazioni legate all’universo dei funghi allucinogeni. Da una parte, raggiungendo altri spazi sociali, il consumo delle psilo si è sviluppato e ha toccato un nuovo pubblico principalmente urbano e d’altra parte questa evoluzione ha cambiato la pratica in se stessa così come l’insieme delle rappresentazione che veicolava. La psilofagia, come è stata qui descritta, non corrisponde più oggigiorno a una pratica a parte ma deve piuttosto essere compresa come una forma particolare di ciò che abbiamo chiamato Micotossicofagie. Questo articolo non è quindi che una prima tappa di una ricerca più approfondita sulle dimensioni sociali dell’evoluzione dell’ingestione di funghi allucinogeni in maniera originale in Europa e dell’analisi di rappresentazioni e dell’immaginario che è loro proprio. Note 1 – Sulle 33 tesi d’esercizio di farmacia sui funghi allucinogeni sostenute in Francia dal 1983, poche si sono interessate ai consumatori e spesso senza una vera metodologia. 2 – Per esempio, nel primo articolo scientifico apparso su questo argomento nel Bullettin de la Société Mycologique de France nel 1982, r. azéma suppone che “in un futuro molto vicino, i funghi allucinogeni faranno parlare di loro in Francia e non solo nel campo della Micologia”. 3 – Cf. pierre bastien, 1985, che descrive questa specie come una varietà di Ps. semilanceata. Da un punto di vista micologico, questa determinazione è ancora oggigiorno oggetto di discussione. 4 – A nostra conoscenza, la sola esperienza tentata in questa direzione è riportata da stijve e glutzenbaum 1999. 5 – Le tecniche attuali non permetterebbero che di estrarre il 76% della psilocibina e l’8% circa della psilocina, l’altro principio attivo più comune nelle Psilocybe allucinogene (minaire 1997: 53). 6 – Esiste una polemica riguardo a un’intossicazione mortale causata in Francia da delle Psilocybe riportato da gérault e picard nel 1996 e discussa da gartz et al. 1996. 7 – I funghi allucinogeni sono chiamati generalmente magic mushrooms, “funghi magici”. 8 – Traduzione di bemushroomed, il neologismo è di r.g. wasson, in estrada 1979. 9 – È interessante notare che gli acidi (lsd) producono l’effetto inverso poiché in un rave o in una festa techno, essendo solo nel mezzo di una festa anonima, si ha l’impressione di vivere l’istante in armonia con tutti. 10 – Come ci ricorda m. maffessoli 2000: 14, la persona è una “maschera simboleggiante la pluralità del “tout un chacun” in rapporto all’“individuo chiuso, chiuso su se stesso”. 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Thèse de Doctorat en Pharmacie. Besançon. Xiberras m. 1989. La société intoxiqué. Méridiens Klincksieck. Paris. fonte: Eleusis 6/7, 2002-2003 __________________________________________________
Questo parla di un viaggio con l’Ayahuasca LA MIA PRIMA ESPERIENZA CON L’AYAHUASCA Spulciando fra vecchi report ho ritrovato quello della mia prima sessione di Ayahuasca e mi è venuta voglia di condividerlo qua…ecco dunque: “Giunta l’ora della cerimonia, ognuno prende posto nella grande sala circolare e crea il proprio spartano giaciglio. Mi ritrovo per scelta vicino a M., contenta di averlo accanto in quest’esperienza e per caso vicino a L., altra presenza importante: mi sento protetta da entrambe le parti….. Comincia la dichiarazione degli intenti. Intenti che ogni persona condivide una alla volta, allo scopo di indirizzare il proprio lavoro della notte e focalizzarsi meglio su un tema preciso. Mentre ognuno prende parola rimugino un po’ su quel che può essere il mio, di proposito. Sono partita però senza intenti particolari, se non quello –comunque importante– di continuare a percorrere il mio sentiero di auto-esplorazione e di introspezione per comprendermi, guardarmi dentro, affrontare i miei fantasmi, i miei angoli bui e polverosi e perchè no –crescere– e per essere la mia prima esperienza con l’Ayahuasca già non mi sembra poco…sarà quello che più o meno dirò a B. che mi risponderà con un pacato “grazie”. Dopo il tabaquito (infuso di tabacco da inalare allo scopo di focalizzare meglio l’attenzione sul lavoro) di rito che viene fatto girare fra i partecipanti ognuno veniamo chiamati uno alla volta per bere il bicchiere amar-liquirizioso-terroso di Medicina (che a dirla tutta non mi ha poi così terribilmente schifata). Rimasta la luce soffusa delle candele, ognuno si accomoda a modo suo nel proprio giaciglio. Mi sdraio, chiudo gli occhi e lascio che i canti e la musica di B. mi accarezzino la mente, che ora sente forte la stanchezza del viaggio. Mi ritrovo completamente rilassata, in uno stato di semi-veglia…intanto i miei pensieri cavalcano unicorni e io volo serena, insieme ad essi…..osservo tutto dall’alto, esternamente, volando sopra a quella grande acqua fatta di me, della mia vita, tra ricordi, persone, decisioni, avvenimenti……comincio a domandarmi se la Medicina cominci a fare il suo effetto, ed ecco che compaiono le prime visioni; prima timide, si accennano,davanti a me sotto forme caleidoscopiche, per poi farsi più forti, travolgenti, se non prepotenti, prendendo contorni nitidi. Io osservo, in contemplazione passiva, e decido di intrufolarmi completamente, testa compresa, nel saccoapelo, per facilitare la visualizzazione. Là dentro, in quella calda crisalide un mondo mi si spalanca. Ma è un mondo composto da fitte immagini che mi lasciano perplessa: loghi, cartoni animati, scenette insulse o semi-demenziali……mi ritrovo incredula, perplessa…”No, così non va, non ci siamo”, penso. Non ho intenzione di star là, a perder tempo(?), a guardare lo zapping senza senso di quel mondo, o di una parte di me che -fortunatamente- ne fa limitatamente parte. Voglio andare oltre a quest’estetica fine a se stessa. Voglio entrare nel mio profondo…e così comincio a respirare profondamente (e noto che a differenza della norma mi viene naturale respirare con il plesso solare invece che con il petto) e……come per incantesimo le immagini sfumano, si amalgamano come tempere di colori diversi mescolate velocemente, fino a mutare completamente forma e significato…appaiono immagini fantastiche, esseri incantati, dai corpi di piante, corazzati da guerrieri-cavalieri, con scudi di gusci di lumaca, scenari elfici, molti fiori, intricati, coloratissimi, il piccolo popolo che ride e danza Gioso…e io mi unisco, partecipo alla gaiezza e alle danze di questi amici che (ri)conosco: molti di essi mi hanno accompagnato negli anni d’infanzia, occupando gran parte del mio immaginario (ci sono molte immagini che ricordo di aver sfogliato e fissato sognante nei miei libri da piccola). Non mi vedo direttamente con loro. Mi sento con loro. Avverto tutta la mia partecipazione. Avverto di esser legata alle loro azioni, alle loro sensazioni, ai loro pensieri da un cordone invisibile, pulsante. E’ bello, magico. Fuori di me c’è calore. Dentro me c’è fuoco. E la danza alla gioia procede, mi lascio travolgere, in balìa di questi amici benevoli, che mi coccolano con affetto con il loro dinamico susseguirsi di sfumature, movimenti. Sento il bisogno di cambiar la mia posizione fisica,così decido di mettermi seduta. Tra l’estasi della musica e il coinvolgimento emotivo non riesco a stare ferma, così inizio a dondolarmi, seduta con le gambe incrociate ed una copertina sulla testa che mi copre fino alle ginocchia. A tratti avverto una leggera nausea, che riesco a placare con la respirazione, profonda e controllata e il dondolio stesso del movimento, fino a farla pian piano scomparire. Adesso sono in pieno contatto con le mie visioni, libera di esprimermi con loro e protetta nella mia intimità e…dondolo, dondolo, mi abbandono al coinvolgimento, mi sciolgo…mi abbandono…mi abbandono,…ma non è mai abbastanza, no, c’è ancora qualcosa che mi frena, mi ostacola, mi tiene…ma non riesco ad identificarlo, nè a dargli un nome, nè un’ immagine…allora respiro, respiro profondamente e dondolo, dondolo, dondolo. I respiri sono profondi, intensi, ma soprattutto BUONI e subito ne divento ghiotta. Respiro sempre più intensamente, spesso arrivando a lunghi e profondi sospiri…aaaah, che bello, che buono, che bello! Dondolo, danzo, respiro: sospiri e sorrisi. Un avvolgente calore mi pervade tutta. Un calore di una benevolenza struggente mi scalda, mi entra dentro, lo assorbo, lo trasudo, lo trasformo in vapore che sento sulla mia pelle calda. Calore, pace, uniti ad una gioia genuina, cristallina, primordiale. E difatti il sorriso sulla mia bocca continua ad espandersi, prendendosi tutto il suo spazio sulla mia faccia che riesco a immaginare solo come una grande bocca, carnosa e sorridente. E’ un sorriso di completa armonia col tutto, e con me stessa. Felicità non causata da qualcosa o qualcuno, ma una felicità preesistente libera da cause, freni, giudizi. La sensazione è liberatoria, ma c’è qualcosa che trattiene ancora “altro”……continuo a dondolare, attraversata continuamente da immagini vive e vivaci. La musica che mi giunge è amore e accolgo ogni singola nota col cuore aperto. Improvvisamente sento qualcosa, una sensazione potente, tra il cuore e il diaframma, qualcosa che si sgancia, si sblocca (si apre?) e il calore interiore si fa più intenso. E’ una botta, simile ad una scossa, ma più soffice, ovattata, indolore. E’ la catarsi? Finalmente! Finalmente le ultime barriere vengono a cadere, finalmente i lucchetti trovano le loro chiavi o semplicemente…si sgretolano. Catarsi di lacrime gioiose. Lacrime dolci, di pura felicità –ancora più esplosiva, stupefacente– arrivano alle mie labbra, distese ancora in un sorriso che giudico perfetto in tutta la sua forma e penso “Questo è ciò che devo essere. Questo è ciò che devo sentire. Questa è l’espressione originaria dell’entrata nell’esistenza”……contemplo questa sensazione, divina, perfetta. Io però so di conoscerla, in fondo. E’ antica, ma l’ho provata da, qualche parte, in qualche tempo. E guardo le immagini, ancora, che sembrano far chiarezza sul mio quesito. E’ la (ri)scoperta del paradiso perduto della felicità innocente, pura ,dell’infanzia, senza cause, se non quelle di stupore e meraviglia per la scoperta del Tutto. Sono rientrata in contatto con quel libero benessere di bambina, del ridere per ridere e , soprattutto, lo stare bene in semplicità. E’ la gemma più pura fra quelle del mio vissuto. E risplende, ancora, con forza, nonostante la polvere che con gli anni l’aveva coperta. Bastava ritrovarla e soffiarci sopra….Provo pace, protezione, sicurezza. Ogni timore è lontano, ogni ombra è scomparsa, perchè adesso ho la luce splendente della mia felicità (niente mostri sotto al letto!!). Trovarsi a confrontare questo benessere infantile, circolare, totale, fluido, con quello marginale, segmentario di ora, di questa vita, di questo presente, è stato inevitabile. E ho visto, consapevolmente, i miei blocchi, le mie corazze, il mio autocontrollo……autocontrollo malsano, deleterio non verso l’esterno, poi, ma verso me stessa, verso il timore della gioia attraverso perversi meccanismi di sensi di colpa. Nonostante questi pensieri, giunti comunque con ali di farfalla, le mie labbra continuano ancora a stirarsi in sorrisi e lacrime di contentezza le aggiungono, nutrendole. Così mi sdraio, sorridente e sospirante. Intanto, P., il “vicino” di L. ha cominciato ad emettere terribili ringhi. Lo percepisco come un lupo nella neve e sta molto, molto male. Ma non conosco l’origine del suo dolore. Io ho il mio sorriso e mi conforta, allontana il dolore del lupo. Mi massaggio la pancia, morbida e bollente. Il lupo continua la sua lotta (che però sembra più una rinuncia, un’accettazione) con la sofferenza, esternandola con terribili lamenti. Inizia a infastidirmi davvero. Davanti agli occhi mi si presenta un’esile sfinge, stilizzata, verde, contorni neri, occhi gialli. Quando P. ringhia, la sfinge stringe i suoi artigli con forza. E’ davvero brutta. Brutta e verde. Riprendo a respirare profondamente e mi giro in direzione di M., come per cercare forza insieme a lui per combattere quest’ostacolo sonoro che turba la pace della sala. Dondolo ancora, sorrido, mi massaggio, la sfinge è sempre lì, ma ha meno potere, è più fiacca e anche i ringhi, pian, piano, si fanno più lontani………così lontani che spariscono, insieme a tutto, tranne il sorriso, con cui mi risveglio.”
OGNI ATTIMO GOCCIOLA
IL CESTO GLI SI STRIZZA!
GLI ZIGOMI S’INGROSSA
E’ LA PAURA TRA LE FILA!
LEGGERA E VIVA
MACCHIA LE LABBRA
SI BEVE DI GOLA
S’INGROSSA LA VENA!
Luccico, per fortuna
La Persona è da sola
L’energia, per la porta
La si ottiene ogni volta.
*****
CONTINUA A CAMMINARE
CORRI FIN CHE HAI GAMBE!
LA STRIDULA PAURA, E’ IL CARCERE
SBATTE CONTRO LE FREDDE SBARRE!
CONTINUA A VIVERE IN TE
CORRI SUL VIALI DI TENEBRE!
LA STRADA E’ ANCORA LUNGA…C’E’
E’ GELIDA E PIENA DI INSIDIE VISCIDE!
Mi accingo a vederle!
M’han aderito sulla pelle!
Mi dicevano di alzarle!
Mi consumo le suole!
*****
SCENDO A VALLE
CON LE LABBRA ROSSE.
CARRI DI MIELE
GERLA DI SOLE.
MANGIAR LE AIUOLE
POTANDO L’ULTIMO GIRASOLE.
SBATTENDO LE PORTE
LASCIANDO LI’, LE FOGLIE.
Ho intravisto le movenze
Scendono, con le disinvolture.
Ho letto nel tempo, il viverle
Schiacciando le terre, sulla Fede.
*****
SON QUI’ PER FARVI VEDERE!
NON ACCETTO DICERIE DETTATE!
LAVORO PIU’ DI UN BUE A NATALE!
TRATTENGO L’ENERGIE E AMO SEMPRE!
RACCOLGO LE BELLEZZE!
BULLIZZO OGNI VERTICE!
SON IL BIMBO DELLE PERLE(!)
QUELLO DELLE IMMENSE QUERELE!
Pratico l’informazione, l’oltre!
L’operato è gratuito, è a donazione!
L’addizione è solo per i poveri di Cuore!
Chi pratica i ricicli delle non reali generazioni…muore!
*****
COLLIMANO CON I MIEI PENSIERI
STRIPPANO, DOPO ESSER STATI VISTI!
SCIVOLANO DENTRO UN BARATRO DI DESIDERI
COME FOSSERO UN SACCO DI UNGUENTI E TRUCCHI!
SCOPPIANO COME PETARDI
FANNO MALE ANCHE SE SOLI!
SON SERI, QUANDO AMANO I RICCHI
AIUTANDO I POVERI…GLI AMMASSI DI SCARTI!
L’Anima mi ha succhiato i sogni!
L’olio dei quadri è rappreso sui palmi!
L’assurdo è con me ogni giorno, nei passi!
La sola frase, i mali insegnati, i professori morti!
*****
SON CURIOSO DI SGAMARTI
SO’ CHE PORTI ALTRI SALI(!)
SBIADITO COME I GIORNALI
I SIMBOLI ECCLESIASTICI!
START, NEI FURFANTI!
SAPONI E MAIALI
STRADE E VIZI!
I PUZZOLENTI!
Accarezzo i ventri
Mi faccio burla dei gatti!
Sorrido, ad ogni pesce negli stagni
Rosso, bianco, verde e pieno di alghe…nei viscidi anfratti!
*****
HO UN BASTONE E LO USO SEMPRE
SOLO PER PICCHIARE CHI MI ROMPE LE PALLE!
HO UN GUINZAGLIO E LO USO SEMPRE
SOLO PER CHI NON RISPETTA LE REGOLE!
AVETE MAI SENTITO DEL RISPETTO SENZA DEMONE!?
NON RIUSCITE A RIEMPIRE IL VOSTRO VENTRE DI CATRAME!?
LA DIFFERENZA TRA’ ME E VOI E’ QUELLO DI VOMITARE
OGNI QUALVOLTA VEDETE GESTI DI RANCORE, SENZA CONOSCERLE!
Abbiate la visione e cerchiate di correre come volete!
Mollo ogni pratica che esca dalle vostre tribune!
Abbiate coerenza e consapevolizzatevi da sole
Senza i programmi, non seguendo niente!
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NON RIESCO A FERMARMI
E’ PIU’ FORTE DEI MIEI RESPIRI!
I MIEI ORGANI NON SENTONO FRENI
NE VOGLIONO ALIMENTARSI DEI SOFFERENTI!
PROVO A DETERMINARE I REALI SENSI
I VORTICI DEI VIAGGI / INGERISCO I FUNGHI!
I NERI INTRUGLI, CHE GIOVANO NEI SOGNI
LE PROVATE FORMULE / I SORRISI SCEMATI!
Mi piacciono tutti questi blues…son ironici
Istrionici, come i mali, mai denunciati!
Mi gustano gli alluci…no, sol unguenti
Sui porfiri infissi, i buchi vorticosi!
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RIPENSO ALLO STIMOLO
ALL’ENFASI DELLE IDEE.
LE MEMORIE DEL VECCHIO
LE ANSIE GETTATE NEL BURRONE.
RICORDO, PER NON FUGGIRE
PER ESALTAR LE CREATURE.
IL SUONO INCESSANTE
I TREMORI DELLA FINE!
I terremoti sulle case.
Le crepe sulla pelle.
Le ingiurie vuote.
Correte amiche!
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VEDO OLTRE LE SOGLIE DEL SAPERE
INTRUGLIO DI COSE BLASFEME E RARE!
TE SEI SICURO CHE POTREBBE SUCCEDERE!?
SAI COSA PROVOCANO QUESTE NOTE ACQUATICHE?!
INIZIA A FARTELE TUE O DIMENTICALE PER SEMPRE!
SAPPI, CHE SON DELLE GIOCATE SENZA VOLERE!
GOLE E ARTERIE RIEMPI E CONSUMALE TUTTE
LE STRONZATE, CHE TI SI SON SEMPRE CAPITATE.
Gorgoglio in ogni dove e in ogni dove vederle.
Tramando i significati delle Cabalistiche vite.
Brulicar nei cammini, nei fumi grigi delle gambe
Rivestite di ragnatele…di collant e colori senza Fede.
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ADORANDO, SI ARRIVA ALL’EX-TASY DEI CIELI
NEI VUOTI E SINTETICI CLICHE’ DEI MODELLI!
LA TRASFORMAZIONE E’ USURA DEI PENSIERI
LA PERCEZIONE NON HA A CHE FARE CON QUESTI MONDI!
COMPONGO ANCORA LINEE E DISTRUGGO I FINTI CASTELLI
BRUCIO LE PAGINE DI CONSAPEVOLE RIMORSO…GL’IDIOMI!
I MONTI E I MARI CHIAMATI / SON SOLAMENTE AMORI
DEBOSCIATI E INCONCLUDENTI…MOSTRI RISCRITTI!
Amo scrivere quanto più della mia stessa vita…mi salvai!
Amo le strade e i buchi sui jeans…siam tutti brucianti!
Amo ogni ricordo, chi è, formula…son i pensieri!
Amo le trame contorte e vuote, gli sguardi!…
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RIFLETTO I SOLDI
I FEUDI DEI TEMPI
I TEMPLI, COME LEI
OGGETTI FUNEBRI.
NULLA DEI VERI
CALMI E CRISTICI
ED EMOZIONANTI
INCESTI VISSUTI.
Distratti e strazianti
Liberi nei locali!
Aquile nei Cieli
Nei fondali polipi!
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